- Cap. 1 - DEFINIZIONE DEGLI SMALTI CERAMICI E DEI LORO COMPONENTI
Le piastrelle ceramiche industriali per il pavimento e il rivestimento ad uso edilizio (Fig. 1) sono costituite da un supporto di origine argillosa sulla cui superficie viene applicato per fusione un sottile rivestimento vetroso per effetto di un trattamento termico ad alta temperatura. Questo strato vetroso viene definito smalto ceramico. Al fine di poter operare in una ampia gamma di temperature (700 -1200 °C.) e con una ampia gamma di materie prime, una parte dei prodotti di partenza utilizzati per la composizione degli smalti deve subire un trattamento termico preliminare detto Frittaggio. Il frittaggio serve per garantire l'insolubilità in acqua, veicolo che si utilizza spesso nell'applicazione.
Uno smalto ceramico è quindi composto da una o più Fritte, da altre materie prime insolubili che hanno lo scopo di ottimizzare il comportamento reologico (ma anche di caratterizzare l'aspetto prettamente ceramico) e da additivi organici od inorganici solubili introdotti in piccole quantità che hanno lo scopo anch’essi di ottimizzare la reologia e di migliorare gli altri parametri applicativi. L’ultimo componente fondamentale degli smalti, presente soltanto nel caso di smalti colorati, è costituito dagli Ossidi Coloranti. Si tratta di miscele fisiche di ossidi di metalli della transizione, o di loro spinelli, o di loro soluzioni solide, che sono in grado di dare il colore alle composizioni vetrose. Sono normalmente prodotti partendo da sali inorganici o da ossidi dei metalli sopradescritti per miscelazione, successive calcinazioni ad alta temperatura, macinazione ad umido e superpolverizzazione. Gli smalti ceramici sono ottenuti miscelando fisicamente le componenti che abbiamo definito, macinandole assieme con l'usuale utilizzo di mulini ad umido ed ottenendo in questo modo una fine sospensione di particelle vetrose e non in acqua che prende il nome di Barbottina. La tecnica della macinazione prevede l'introduzione delle materie componenti lo smalto, viste precedentemente, che nel loro insieme prendono il nome di Composto, in un mulino costituito da un cilindro rotante rivestito internamente di materiale dalle caratteristiche meccaniche molto elevate, chiamato Tamburlano. I tamburlani contengono quindi il composto da macinare e l'acqua nelle giuste proporzioni, oltre ad i Corpi Macinanti che sono sfere di varie dimensioni anch'esse di materiali molto duri e pesanti (come l'allumina sinterizzata o Alubit). Non specifichiamo in questa sede la teoria della macinazione. Ricordiamo solamente che per effetto della rotazione del cilindro si vengono a verificare gli urti tra il composto e i corpi macinanti.
Prende così sempre maggior corpo lo smalto ceramico che si realizza attraverso una progressiva riduzione della granulometria delle particelle del composto, fino ad arrivare ad una omogenea sospensione acquosa con finezze dell'ordine 10 - 100 micron che viene scaricato dal mulino dopo aver effettuato il controllo granulometrico. Le variazioni granulometriche, infatti, sono causa di notevoli cambiamenti dei parametri fisici che caratterizzano gli smalti, come avremo modo di approfondire. La barbottina può essere utilizzata tale e quale o essiccata per ulteriori trattamenti. Gli smalti ceramici possono essere anche applicati a secco cioè senza l'utilizzo del veicolo applicativo in vari modi che vedremo più avanti.
1.1 CENNI SULLA TEORIA DELLO STATO VETROSO
Le masse vetrose (Fig. 2) hanno la caratteristica fondamentale di non possedere una microstruttura ordinata come i cristalli, ma di presentare una struttura caotica (isotropica) simile a quella delle sostanze allo stato liquido. Una indagine superficiale può quindi portare ad una definizione dei vetri come sostanze amorfe o liquidi a viscosità elevatissima (a temperatura ambiente).
In base a studi più recenti di Zachariasen e Warren si è potuto stabilire che anche nei vetri è presente la coordinazione tetraedrica del silicio che normalmente è il componente base come formatore di reticolo più importante.
Nei cristalli la disposizione dei tetraedri corrisponde ad una rigorosa costruzione geometrica che rispetta piani ed assi di simmetria e si ripete con identica periodicità; nei vetri questo non avviene e si può osservare una disposizione caotica dei tetraedri.
Anche i vetri che, oltre alla silice, contengono altri ossidi, hanno la stessa disposizione irregolare di tetraedri, per di più in essi gli ioni degli altri elementi costitutivi prendono posto entro i vuoti lasciati dal silicio e dall'ossigeno.
I legami reticolari non sono tutti equivalenti come nel caso dei reticoli cristallini e l'energia richiesta per spezzarli è differenziata. Ne segue che, con l'aumento dell'energia termica causata dall'innalzamento della temperatura, si osserva la rottura dei legami partendo dal più debole al più forte, con il graduale disgregamento del reticolo cui corrisponde una progressiva liquefazione del vetro, caratterizzabile con l'uso del Microscopio riscaldante attraverso una serie di punti caratteristici e non con il solo punto di fusione tipico dei sistemi completamente cristallizzati.
Ad ogni temperatura sussiste quindi una caratteristica struttura del vetro. Durante il raffreddamento il vetro tende a ristabilire i legami chimici assumendo la struttura caratteristica dei minori livelli energetici possibili ma, risultando l'incremento di viscosità attorno al punto di trasformazione assai rapido, lo stato interno del vetro solidificato rimane quello corrispondente a temperature più elevate. Ne deriva una instabilità strutturale che tende necessariamente ad evolversi anche se in tempi estremamente lunghi (fenomeno dell'invecchiamento).
I cationi che allo stato di ossido possono vetrificare per semplice riscaldamento sono detti Formatori di reticolo e sono:
SiO2 GeO2 P2O5 B2O3 As2O3
Silicio Germanio e Fosforo formano tetraedri collegati con il vertice, Boro e Arsenico che hanno coordinazione 3, formano dei triangoli equilateri al cui centro è sistemato lo ione 3+.
I due elementi formatori di gran lunga più utilizzati sono Si e B.
I cationi fondenti, chiamati anche Modificatori di reticolo hanno l'effetto di spezzare i ponti di legame fra i tetraedri una volta che siano aggiunti come ossidi. Tali ioni si pongono normalmente tra gli interstizi che separano i poliedri silicei.
Quanto più grande è il numero di questi ioni introdotti e tanto maggiore è il numero di rotture apportate con progressiva riduzione della viscosità del vetro. L’elevato numero di rotture tra i tetraedri silicei finisce per compromettere lo stato vetroso stesso poiché tanto maggiore è la libertà acquisita dai tetraedri e tanto maggiore è la loro tendenza ad assumere la struttura regolare dei cristalli e di conseguenza il vetro devetrifica. I cationi tipicamente modificatori di reticolo sono:
Na2O K2O PbO B2O3 Li2O
I cationi stabilizzatori sono essi stessi modificatori di reticolo. A differenza dei cationi alcalini, che per il loro debole potenziale ionico sono legati debolmente al reticolo e quindi facilmente asportabili con conseguente alterabilità del vetro, gli alcalino terrosi, dotati di un potenziale ionico all'incirca doppio sono assai più legati e quindi, rinforzando la struttura reticolare del vetro funzionano da stabilizzanti. La sostituzione di uno ione modificatore (Na) con uno ione stabilizzatore (Ca) delle stesse dimensioni provoca:
- un aumento di densità perché la maggior forza attrattiva esercitata sugli ioni ossigeno limitrofi determina una più elevata compattezza
- un aumento dell’indice di rifrazione derivante dall’aumento stesso di densità
- un aumento della viscosità del vetro per la stessa ragione
Nei vetri il cui unico formatore è il boro, il reticolo è formato da triangoli equilateri (coordinazione = 3) collegati per i vertici con ponti ossigeno; nei vetri silico borici, molto più utilizzati, il boro introdotto in piccole percentuali assume coordinazione = 4 formando tetraedri BO4 simile a quella dei vetri al silicio. Quando la percentuale aumenta il boro torna alla sua tipica coordinazione =3 con formazione dei triangoli caratteristici del vetro borico puro.
L’alluminio di per sé non si può considerare uno ione formatore, ma in presenza di ioni fortemente elettropositivi (come nei feldspati) può sostituirsi al silicio con effetto di formatore, apportando al vetro viscosità, resistenza chimica, maggiore stabilità. Non è possibile quindi distinguere sempre tra ioni formatori e modificatori. A volte la dualità di comportamento è influenzata dagli altri ioni presenti. E' possibile definire comunque una regola di validità generale per distinguere i due comportamenti, esaminando le energie di legame (definite come lavoro richiesto per la dissociazione di un grammo atomo del catione diviso per il suo numero di coordinazione), le valenze ed i numeri di coordinazione stessi dei cationi formatori e modificatori. Si nota infatti che:
- l’attitudine alla vetrificazione è propria degli ossidi, il cui ione presenta la maggior energia di legame e la minor valenza e coordinazione (cioè piccolo raggio ionico)
- gli ioni con bassa energia di legame ed alto numero di coordinazione sono invece tendenzialmente modificatori di reticolo
1.2 LE FRITTE
Le fritte come abbiamo visto costituiscono il componente più importante degli smalti ceramici (Fig. 3), sebbene si possano formulare smalti che non contengono fritta, riducendo notevolmente i campi di impiego, i range di temperature e la stabilità dei risultati dopo cottura.
Il processo che si effettua per ottenerle è il frittaggio, in cui miscele omogenee di materie prime, pesate nei rapporti definiti in funzione della tipologia di fritta, sono sottoposte a trattamento termico fino a fusione.
Durante il frittaggio avviene una serie di trasformazioni chimiche e fisiche quali reazioni di decomposizione termica progressiva con sviluppo di gas, formazioni di prodotti intermedi complessi mediante reazioni cineticamente favorite dall'alta temperatura, formazione del reticolo e cambiamento di stato fino alla completa fusione e stabilizzazione (affinaggio) della massa vetrosa che viene preferenzialmente colata attraverso un coppo di uscita e raffreddata bruscamente in acqua favorendone la crakizzazione per violenta variazione termodilatometrica o raffreddata attraverso laminatoi. I forni utilizzati possono essere di tipo rotativo discontinuo o a bacino di più grandi dimensioni e della potenzialità media di 15 ton./24h. che hanno il vantaggio di avere alimentazione e scarico continui, ma possiedono minor elasticità produttiva quindi sono adatti per le produzioni su grande scala.
Proponiamo una semplice classificazione delle fritte che correla le loro caratteristiche chimico fisiche (che vedremo in seguito come misurare), il loro aspetto superficiale visivo e il loro impiego sotto il profilo tecnologico industriale e tipologico commerciale.
1.2.1 FRITTE BRILLANTI TRASPARENTI AD ELEVATA VISCOSITA' (CRISTALLINE).
Sono fritte di bassa fusibilità composte da una elevata percentuale di silice ed una moderata percentuale di alcalini e alcalino terrosi. Il boro è a valori medio bassi. L’aspetto è brillante e trasparente. Si utilizzano per gli smalti tipici del rivestimento, chiamato porcellanato, prodotti con la classica applicazione a campana, che vedremo in seguito, nelle tecnologie di cottura della bicottura (950°C. 10 h.), bicottura rapida (1020°C. 40'), monoporosa (1080-1120°C. 40'). Le caratteristiche chimiche e di conseguenza il comportamento termico variano a seconda della tecnologia. Le fritte più adatte per le cotture rapide presentano una più bassa percentuale di alcali e di boro e una più elevata percentuale di zinco calcio e magnesio in modo da avere un inizio di fusione più ritardato e consentire la permeabilità ai gas del supporto fino a temperature relativamente elevate. Le stesse devono poi garantire una fusione repentina visto il breve tempo disponibile per la stesura nelle cotture rapide.
1.2.2 FRITTE BRILLANTI OPACIZZATE VISCOSE (BIANCHI ALLO ZIRCONIO).
Queste fritte differiscono dalle precedenti in quanto sono opacificate utilizzando solitamente silicato di zirconio. Hanno caratteristiche e utilizzi identici alle cristalline con la differenza che sono bianche.
1.2.3 FRITTE BRILLANTI TRASPARENTI A MEDIA FUSIBILITA' (SEMIFONDENTI).
Differiscono dalle prime in quanto più fusibili. Contengono una percentuale di silice più bassa ed una percentuale crescente degli elementi fondenti. Sono caratterizzate in base a questi ultimi e trovano impiego nella preparazione di smalti per tutte le tecnologie compresi quelli utilizzati per la monocottura da pavimento (1160°C. 45').
1.2.4 FRITTE FONDENTI.
Queste fritte sono dotate di elevata fusibilità: presentano una superficie brillante, in certi casi aggressiva nei confronti del supporto ceramico, presentano una dilatazione normalmente elevata (maggiore per quelle apiombiche).
Possono essere piombiche o apiombiche a seconda che contengano, come fondente principale, il silicato di piombo o elementi boro-alcalini. Si impiegano oggigiorno in tutte le tecnologie produttive soprattutto per gli smalti in monocottura da pavimento e nelle tecnologie per bassa temperatura 3° fuoco (750-900°C. 30'). In questa categoria si possono annoverare i fondenti classici come il monosilicato (85/15), il bisilicato (60/40), la rocaille (75/25), il monoboro (60/10/30) e le aventurine ricche di alcali e di boro (apiombiche ad alta dilatazione). I numeri indicati tra parentesi rappresentano per convenzione le percentuali in sequenza di PbO, SiO2, B2O3.
1.2.5 FRITTE MATT (al Ca, Zn, Ti)
Appartengono a questa categorie quelle fritte dove un elemento modificatore, come quelli indicati, introdotto in eccedenza, tende a devetrificare (se trova la opportuna matrice vetrosa). In alcuni casi si assiste anche alla successiva cristallizzazione di una nuova fase con formazione di una massa cristallina in cui la fase vetrosa residua funge da legante. La variazione più evidente consiste nella mattizzazione della superficie accompagnata talvolta dal miglioramento delle caratteristiche meccaniche del vetro (come la resistenza all'abrasione). Purtroppo bisogna porre particolare attenzione all'attacco chimico di questi vetri favorito dalla presenza dello zinco. Anche queste fritte possono essere suddivise in piombiche e apiombiche e trovano impiego nella composizione di tutti gli smalti matt in tutte le tecnologie produttive. Gli elementi devetrificanti più utilizzati in queste fritte sono: Ca, Ba, Zn, Ti, Mg.
1.3 LE MATERIE PRIME
Le materie prime impiegate per la preparazione degli smalti ceramici (Fig. 4) intervengono, come abbiamo visto a due livelli: nella fusione delle fritte e nella successiva additivazione alle fritte stesse per la preparazione del "composto". Nel secondo caso è necessario utilizzare materie prime insolubili in quanto la macinazione e l’utilizzo degli smalti viene effettuata utilizzando preferenzialmente l’acqua come veicolo applicativo; nel primo caso invece, l’insolubilità è garantita dal trattamento termico di frittaggio. Le materie prime che si utilizzano sono quasi sempre di origine naturale ma possono essere anche sintetiche. Gli ossidi che abbiamo citato nella teoria dei vetri sono presenti in moltissimi minerali ampiamente diffusi sulla crosta terrestre. Questi minerali vengono solitamente estratti in miniera o in cava e subiscono un primo trattamento atto a migliorare le caratteristiche di purezza (sia di tipo chimico che mineralogico);. viene poi effettuata una prima macinazione solitamente con tecnologia a secco con lo scopo di rendere le caratteristiche granulometriche adatte agli utilizzi ceramici.
Le materie prime sintetiche invece vengono ottenute con processi chimici o chimico-fisici partendo sempre da materie prime naturali. Riportiamo in tabella un breve elenco di materie prime naturali e sintetiche, solubili e insolubili con i relativi ossidi ceramici che sono in grado di apportare ad un vetro.